Giorgio Cordini:bouzuki e chitarra
Alessandro Adami: voce solista
Stefano Zeni: violino
Enzo Santoro: flauto
Elena Laffranchi: viola
Daniela Savoldi: violoncello
Gaspare Bonafede: hang/percussioni
Maria Cordini: voce
Maria Alberti: voce

Assistendo all’ottimo concerto della Piccola Orchestra Apocrifa Di Giorgio Cordini, domenica 2 dicembre nella ‘rassicurante’ cornice del teatro Frassati a Cosio Valtellino, una breve ma profonda riflessione del grande genovese, sul senso e l’attualità del suo quarto lavoro ‘La Buona Novella’, si staglia oltre ogni altra considerazione ed è giusto e doveroso riportarla come De André la rilasciò alla stampa: "Nel 1969 eravamo in piena rivolta studentesca; i miei amici, i miei compagni, i miei coetanei hanno pensato che quello fosse un disco anacronistico. Mi dicevano: "cosa stai a raccontare della predicazione di Cristo, che noi stiamo sbattendoci, facciamo a botte per cercare di difenderci dall'autoritarismo del potere, dagli abusi, dai soprusi." .... Non avevano capito, almeno la parte meno attenta di loro, la maggioranza; che ”La Buona Novella” è un'allegoria. Paragonavo le istanze migliori e più ragionevoli del movimento sessantottino, cui io stesso ho partecipato, con quelle molto più vaste spiritualmente, di un uomo di 1968 anni prima, che per contrastare gli abusi del potere, i soprusi dell'autorità si era fatto inchiodare su una croce, in nome di una fratellanza e di un egualitarismo universali."
Erano gli anni della rivolta studentesca e di forti gesti di protesta in nome della libertà ed il significato profondo di questo capolavoro, quello dell’uomo capace di donare la propria vita per salvare l’intera umanità era per De André quanto di più rivoluzionario si potesse esprimere. Nei testi emergono le figure di coloro che nella sua morte hanno trovato una speranza, come il ladrone Tito, capace di provare vera umanità: “Io nel vedere quest’uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore”. La vita di Gesù è raccontata da chi ha sfiorato la sua esistenza terrena. La figura che emerge prepotentemente è quella di Maria, privata dell’infanzia, rinchiusa nel tempio , data in sposa ad un uomo vedovo ed anziano, vittima di misterioso concepimento ed infine straziata dalla crocefissione dell’unico figlio. In definitiva Faber ci ha dato una visione assai umana e allo stesso tempo terrena dell’uomo di Nazareth, sublimata dal testo della conclusiva ‘Laudate Hominem’: “ Non voglio pensarti figlio di Dio, ma figlio dell’uomo, fratello anche mio”. Giorgio Cordini, chitarrista storico di De André ha voluto proporre il lavoro come fosse una lunga pièce, senza pausa alcuna, inserendo come suggello ‘ Si chiamava Gesù’, scritta due anni prima, ma probabilmente premonitrice del capolavoro del ’69. Altri brani riproposti con gusto e personalità dal vasto repertorio: “La città vecchia”, “La guerra di Piero” strumentale, con un intro di hang drum del percussionista Gaspare Buonafede e del bouzouki di Cordini. Ed ancora “Recitativo” con un uso ben modulato della voce assai evocativa di Alessandro Adami, seguita da una “Sidun” piena di pathos. Infine le immancabili “Volta la carta”, “Bocca di rosa” e “Il pescatore” con la sezione archi in evidenza e l’accompagnamento dal numeroso pubblico. Nei generosi bis la Piccola Orchestra ha inserito la commovente “Canzone dell’amore perduto”, il traditional anglosassone “Geordie” e “Andrea s’è perso”. Dopo una serata trascorsa coccolati dalla poesia e dalla graffiante ironia di Fabrizio, la sua lucida intelligenza, il suo anticonformismo sembrano mancare maledettamente all’attuale panorama musical-culturale italiano. Grazie al progetto di Cordini ed alla sua bella Orchestra per averci offerto una serata di intensi ricordi e velata nostalgia.
Aldo G. (Ufficio Stampa QM)

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